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Frank Miller: "Non sono né uno scrittore né un disegnatore, sono un cartoonist"



Frank Miller: intervista inedita (in Italia)
Dai polverosi archivi di Comix Factory... un balzo indietro
fino al 1983, quando Miller era ancora giovane e aveva sorpreso il
mondo con il suo indimenticabile ciclo di Daredevil

Per sottolineare il ritorno di Frank Miller nel nostro paese, coinciso con la recente edizione novembrina di Lucca Comics & Games, qualche tempo fa (e con largo anticipo) mi sono ripromesso di proporvi una vecchia e interessantissima intervista all'autore pubblicata nel 1983 sulla defunta rivista Comics Feature.

Intervista assolutamente inedita nel nostro paese che ho pensato sarebbe stato davvero stimolante diffondere per fare la conoscenza con il giovane Frank Miller, quando, ancora agli inizi di una carriera straordinaria, parlava con grande libertà e spensieratezza dei suoi studi, degli autori che maggiormente lo avevano influenzato e delle sue idee sul fumetto (e non solo) e delle opere (e collaboratori) sulle quali stava lavorando. Quello che ne emerge è un ritratto eccezionale, di un autore entusiasta e appassionato, innamorato del mezzo e delle sue infinite potenzialità.

Purtroppo non sono riuscito a tener fede all'impegno temporale che mi ero proposto e, quindi, questa intervista inizia a essere pubblicata molto tempo dopo la recente visita sul suolo italico dell'autore newyorkese. A causa della sua lunghezza, vi  proporrò questa intervista in più parti; tenete d'occhio il blog, nelle prossime settimane si parlerà di Daredevil, Ronin e altre fantastiche opere.

The Young... Frank Miller

Intervista a Frank Miller pubblicata sulla 
rivista Comics Feature 25 del 1983
PARTE I - STUDI E FONTI DI ISPIRAZIONE

Quando hai iniziato a interessarti ai fumetti?

Sin da piccolo. Da bambino leggevo Superboy e la Legione dei Super-Eroi. Più tardi, durante l’adolescenza, passai a Spider-Man e ai Fantastici Quattro. Un modo di iniziare a leggere i fumetti piuttosto tradizionale.

Continui a leggere e a interessarti ai fumetti? Mi sembra di aver letto, in un’altra intervista, che per un certo periodo non li hai più seguiti…

sono stato colpito dalla maledizione che a un certo punto colpisce la maggior parte delle persone, i fumetti smisero di interessarmi. Cominciai ad avere altri interessi, come le ragazze e altre cose del genere, così come iniziai a leggere libri e vedere film. Erano i contenuti a non attrarre più la mia attenzione.

All’epoca seguivi un genere di fumetti in particolare?

I supereroi cominciarono a interessarmi sempre di meno e all’epoca era l’unico genere di fumetti che veniva pubblicato. Cominciai a disinteressarmene quando comincia a frequentare i corsi di letteratura e feci la conoscenza con il mondo della narrativa senza immagini.

Che tipo di studi specifici hai svolto?

Quelli che ti impartivano alle scuole superiori. Scelsi di seguire i corsi d’arte, di disegno e storia dell’arte e allo stesso tempo studiavo inglese. Avevo due professori, quello di inglese e quello d’arte, ed entrambi insistevano affinché io seguissi le loro materie e ne facessi una carriera. Il professore d’arte voleva che studiassi Arte così come quello d’inglese desiderava che continuassi a studiare inglese. Casualmente ho trovato un modo per proseguire entrambi i percorsi.

Blueberry
illustrazione di
Jean "Moebius" Giraud

Come ti consideri? John Byrne, ad esempio, si considera uno scrittore che può disegnare.

Mi considero un cartoonist. Credo sia la parola migliore per descrivere ciò che faccio. Realizzo storie con immagini e parole. Non potrei considerarmi più scrittore o più disegnatore. Sono un cartoonist.

Non riesci a separare un ruolo dall’altro? Si tratta della combinazione tra i due ruoli?

Una splash-page di Will Eisner, amico,
mentore e maestro di Frank Miller
 
Il mio interesse principale, e lo sforzo principale sul quale converge il mio lavoro, è quello di combinare questi due aspetti. Separare questi due ruoli, anche solo per amor di discussione, non ha alcun significato per me. Credo che il fumetto abbia sofferto molto proprio a causa dell’abitudine di separare questi ruoli. È un singolo mestiere che è stato destrutturato per assemblare una catena produttiva. Non sono due lavori separati; è un singolo lavoro spaccato in diversi pezzi e affidato alla realizzazione di diverse persone.


Questo è probabilmente il motivo per il quale alcune delle opere più popolari del momento siano state realizzate da una sola persona, come nel caso di Milton Canniff e Will Eisner…

O da due persone che lavorano così bene in coppia da sembrare un sol uomo, come al tempo che Denny O’Neil e Neal Adams lavorarono insieme con ottimi risultati. Leggi le loro cose e ti viene da pensare che si tratti dell’opera di una sola persona, perché le loro idee sono totalmente in sintonia.

Quale artista credi che ti abbia maggiormente influenzato?

The Master Race (vi ricorda qualcosa?)
Una tavola di
Bernie Kriegstein 
citato tra le sue principali influenze artistiche 
da Frank Miller
Assorbo tutto quello che riesco ad assorbire. Qualsiasi lavoro in grado di provocarmi delle emozioni genera un qualche tipo di influenza su di me. Quando cominciai a lavorare in questo settore iniziai ad esplorare cosa era stato fatto e scoprii Bernie Kriegstein e Will Eisner e per un po’ fui completamente rapito da ciò che avevano realizzato. Attualmente sto studiando il fumetto giapponese e quello francese. Ovviamente stanno avendo un’influenza su quello che faccio.

Se non altro i tuoi eroi hanno la tendenza ad andare in Giappone.

Giusto! Andranno tutti lì.

Quando ti approcci alla pagina, senti di essere influenzato da una particolare scuola di disegno, come Noel Sickles e gli artisti che lo hanno seguito o Neal Adams che, influenzato da Stan Drake, ha definito un diverso tipo di approccio?

Quello che faccio attualmente è di sentirmi libero di non farmi influenzare da alcuna scuola in particolare. Mi sento ispirato da Jean Giraud (Moebius), a prescindere da quale pseudonimo utilizzi. Ha dimostrato che un artista può esplorare qualsiasi percorso artistico, tutto dipende dal progetto sul quale si è al lavoro e da cosa si desideri disegnare. Per lo più sto provando ad assorbire tutto quello che posso, a pensare a tutto quel che posso, ad esplorare tutto ciò che posso, tutto ciò piuttosto che decidere se voglio seguire un sentiero in particolare  e proseguire una tradizione in particolare. Direi che sto seguendo un percorso di esplorazione ed espansione piuttosto che uno di prosecuzione.

Quando crei la pagina di una storia, tendi a realizzare il soggetto e la sceneggiatura per poi disegnare la storia o la storia tende a crearsi da se dal punto di vista grafico o ancora…

Ho lavorato in molti modi tra loro differenti. Anche se da quando ho iniziato a scrivere le storie che realizzavo sono ricorso a un unico procedimento. Il metodo che ho stabilito, almeno per il momento, ha il fascino dei vecchi tempi, è decisamente old style. Butto giù il soggetto della mia storia, poi scrivo una sceneggiatura molto dettagliata e la disegno. Quando disegno la storia, spesso mi capita di cambiare la sceneggiatura, ma il punto di partenza è comunque molto tradizionale.

Ronin


Quando realizzi una storia provvedi da subito a definire tutto il background, un po’ come definire un universo e poi muovere i personaggi al suo interno, oppure ricorri a definire i particolari solo quando questi servono?

Quando ho concepito il soggetto di Ronin ho proceduto a descrivere il mondo in cui la storia è ambientata, ma quel mondo è una estensione del personaggio protagonista della serie. Quando ero al lavoro su Ronin ho compiuto una descrizione completa delle ambientazioni, di fatto dell’intero mondo in cui questa serie è ambientata,  anche se poi l’azione si svolge tutta a Manhattan. Ho fatto moltissime ricerche, ho pianificato ogni dettaglio , ci sono moltissime storie dietro i personaggi che di fatto nessuno vedrà mai. Ma con questo background posso dire di essere a conoscenza e di poter scrivere quello che sto raccontando.

Sembra molto simile al processo creativo descritto da Robert Heinlein che per ogni suo romanzo descriveva ogni piccolo dettaglio del mondo in cui erano ambientati, salvo poi rivelare ai lettori solo le parti che riteneva rilevanti, ma che aveva bisogno conoscere ogni dettaglio per poter sempre sapere in che punto si trovava.

Giusto.

Quindi lavori su un processo simile.


Sì, è necessario. Per immaginarsi, ad esempio, come parla una personaggio bisogna conoscere alla perfezione qual è la sua storia. Tutto quello che potrò presentare di quel personaggio sarà la sua parlata ma, definendo il suo background, potrò far sì che la sua parlata sia una derivazione della sua storia. Definisco cose che implicano un mondo più grande. Se non c’è un mondo più vasto, non si può implicare nulla. 

(1 - Continua)

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